vivere in sette tra profumo di pane, fruscio di pagine, ronzio di radio, risate di giochi e sogni di viaggi

sabato 17 marzo 2012

Mia figlia M.


Ieri M. aveva mal di pancia.
Forse ad undici anni il suo corpo sta cambiando e questi doloretti sono l'avviso di novita' in arrivo.
Forse siamo alla fine di una settimana stancante ed ha solo bisogno di fare una pausa.
Forse anche noi genitori veniamo da tre mesi di lavoro intenso in cui siamo usciti spessissimo la sera e questo ha richiesto uno sforzo anche alle due piu' grandi, se non altro nel crearci meno problemi .
Forse ha solo un virus.
Insomma le dico che puo' rimanere a casa.
Ed intuisco subito che il mal di pancia e' gia' semi passato.
Le dico di lavarsi e vestirsi, le chiedo di aiutarmi a mettere a posto i cassetti della cancelleria e gia' parte la prima serie di musi.
Ho capito che vorrebbe starsene tutta la mattina nel letto a leggere come piaceva fare a me, ma con lo stesso spirito di GRANDE ROMPIPALLE di mia madre non la lascio in pace.
Perche' mi comporto cosi'?
Esercito il mio egoismo di madre per annullare il suo egoismo di figlia?
Esercito il mio diritto/dovere di insegnarle ad avere un po' di "sano equilibrio" nell'affrontare la vita?
Non lo so, ma poi la porto fuori a fare shopping.
Ora..lo shopping non mi appartiene. L'idea di andare a spendere per il piacere di spendere non fa per me. Non me lo posso permettere ed inoltre sei anni in trasferta a Padova con i soldi contati in tasca per tutta la settimana mi hanno formato sul risparmio.
Ma lei aveva bisogno di scarpe, dovevamo ritirare gli orecchini aggiustati dall'orefice, andare a comprare colla e goniometro e poi le cibarie per il weekend.
Ok mettiamoci al volante e usciamo dal paese verso quel negozio di scarpe che dicono essere particolarmente conveniente. Dal viso di M. non trapelano emozioni.

Ci abbiamo messo un'ora e venti a comprare le scarpe! Pensavo di morire!
Io che entro vedo, mi entusiasmo e compro senza ripensamenti mi ritrovo una figlia che non ha nessun problema con i minuti che passano, non si agita se la commessa al terzo paio insiste che QUELLE scarpe vanno benissimo per lei per duecento validissimi motivi. La lascia parlare per buoni cinque minuti: sono di moda, le calzano perfettamente, si sporcano con difficolta', sono morbide, confortevoli, resistenti... M. tace con le scarpe ai piedi. "Amore che ne dici?" Silenzio "Che ne pensi? Di' qualcosa! Ti piacciono?" " No " "Amore non ho sentito: ti piacciono?" "N...". La commessa sorriso stampato in faccia pensa:"Questa o e' cretina o e' stronza" poi aggiunge per difendere la sua tesi:"Ma come? Ti stanno benissimoooo!"
Oddio pensano che mia figlia sia anormale!
Pero' a pensarci bene .. evviva non e' come tutte le altre!
Adesso metto da parte la mia proverbiale fretta e l'aiuto io:"Signora guardi, facciamo noi poi la chiamiamo scusi tanto eh?" L'ho lasciata guardarsi attorno da  sola fino a che dal numero di volte in cui bazzicava attorno ad uno scaffale ho capito che voleva un paio di Superga di tela, di che colore ? Blu. Mitica ! Mia figlia preferisce il classico.

Ho capito alla fine che M. sa benissimo cosa vuole, ma non e' abituata ad imporre a voce alta le sue idee. Per di piu' e' abbastanza testarda percio' prima o poi raggiunge il suo risultato, ma con calma.
A me mi atterra..per sfinimento..pero' capito? E' educata, non puoi sgridarla.

Dopo le scarpe andiamo in centro a prendere gli orecchini, qualche sorriso fugace illumina i suoi occhi, ma in generale la conversazione si limita a " Mi aiuti con i sacchetti ?" "Ma pesanooo" "Andiamo da questa parte!" "Ma e' piu' lunga da questaaa" "Porta su la spesa alla nonna, ma non ti fermare che andiamo a prendere gli altri a scuola" "Uffaaaa, voglio restare qui"
Alla fine della giornata, complice un pomeriggio intero di compiti con tutti gli altri, sono ormai convinta che la mattinata con me non sia piaciuta per niente a M.
Che madre noiosa mai saro'...          
"Sono andata con M. in giro oggi, ma ha avuto tutto il giorno il muso" dico a N. e lui  mi fa:"strano.. la prima cosa che mi raccontato quando sono arrivato e' che e' stata molto contenta di stamattina...".

M. legge come una forsennata, scrive dei bellissimi racconti ricchi di particolari, racconta molto raramente di se, non si veste mai in maniera appariscente, parla abbastanza sottovoce, ascolta tutto con estrema attenzione, a volte pensi che quando la interpelli non voglia comunicare, ma lei ti sorprende con una risposta che e' andata oltre la tua domanda. E' timida, sensibile ed orgogliosa. Ma io sono fiera di lei.

Non so se mi assomigli o no. Ma il suo comportamento di ieri mattina mi ha ricordato il testo di una canzone di Carmen Consoli in cui quando usci' mi ritrovai molto.

IN BIANCO E NERO


Guardo una foto di mia madre
era felice avra' avuto tre anni
stringeva al petto una bambola
il regalo piu' ambito.
Era la festa del suo compleanno
un bianco e nero sbiadito.
Guardo mia madre a quei
tempi e rivedo
il mio stesso sorriso.
E pensare a quante volte
l'ho sentita lontana
e pensare a quante volte...
Le avrei voluto parlare di me
chiederle almeno il perche'
dei lunghi ed ostili
silenzi e momenti
di noncuranza puntualmente
mi dimostravo inflessibile
inaccessibile e fiera
intimamente agguerrita
temendo una sciocca rivalita'.
. . . . . . . . . . . .
Guardo una foto di mia madre
era felice avra' avuto vent'anni
capelli raccolti in un foulard di seta
ed una espressione svanita.
Nitido scorcio degli anni sessanta
di una raggiante Catania
la scruto per filo e per segno e
ritrovo il mio stesso sguardo.
E pensare a quante volte
l'ho sentita lontana
e pensare a quante volte...
Le avrei voluto parlare di me
chiederle almeno il perche'
dei lunghi ed ostili
silenzi e di
quella arbitraria indolenza
puntualmente
mi dimostravo inflessibile
inaccessibile e fiera
intimamente agguerrita temendo
l'innata rivalita'.
Le avrei voluto parlare di me
chiederle almeno il perche'
Le avrei voluto parlare di me
chiederle almeno il perche'
chiederle almeno il perché
chiederle almeno il perché
   

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